INDAGINI DIAGNOSTICHE SUI MATERIALI IMPIEGATI
E SULLO STATO DI CONSERVAZIONE
di Catia Baccarini Camici
I quesiti che si erano venuti manifestando durante la prima ricognizione dell'opera richiedevano una comprensione più dettagliata della quantità dei vari tipi di sali di origine organica e non organica che concorrevano all'attacco che l'affresco subiva e in particolare a una ampia ricerca volta a determinare quanto le regioni campite in azzurrite, più propriamente la volta celeste dietro la mandorla della Madonna, fossero alterate dalla presenza di sali di origine non organica e quanto invece di tale oscuramento fosse responsabile il degrado ossidativo di materiale organico presente sull'affresco in forma di legante o in forma di protettivo. Per fornire più elementi possibili che contribuissero a formare un quadro clinico generale delle condizioni dell'affresco era pertanto necessario conoscere la natura dei materiali impiegati e dei prodotti di degrado organici e non presenti sull'opera.
Al fine di fornire una risposta a tutto ciò, il restauratore Guido Botticelli ha proceduto a un campionamento dell'affresco stesso che ha interessato in particolare i due punti riportati nel rilievo 1 (realizzato a cura degli allievi dell'U.I.A.) del paragrafo successivo.
Più dettagliatamente il primo campione di intonaco e colore è stato raccolto dal bordo superiore del sarcofago posto sotto i piedi della Madonna, come illustra il grafico. L'indagine condotta su tale campione si proponeva di determinare in particolare la natura dei sali che avevano aggredito la regione da cui esso proveniva, nonché il tipo di pigmento utilizzato per realizzare il film pittorico. Il secondo campione proviene dalla volta celeste campita in azzurro sotto la mandorla della Madonna. Oltre alla natura dei sali presenti nella regione in esame in questo caso ci si interrogava anche sul tipo di protettivo usato e sul suo stato di degrado. I campioni di intonaco e colore prelevati dalle regioni appena descritte avevano dimensioni inferiori al millimetro ed erano in una quantità dell'ordine delle decine di microgrammi.
I criteri che hanno guidato la scelta delle zone da campionare si possono riassumere essenzialmente in due tipi di proprietà di cui esse dovevano godere. Da un lato tali zone si dovevano proporre come particolarmente appropriate per le indagini necessarie a una comprensione delle problematiche sorte durante lo studio che preparava il restauro, in quanto rappresentative delle sintomatologie che ricorrevano su tutto l'affresco. D'altro canto la particolare adeguatezza di tali zone era corroborata dal fatto che le località prescelte presentavano già sollevamenti e abrasioni dovuti ai complessi accidenti, l'opera era stata protagonista. Tale caratteristica escludeva la possibilità che l'affresco subisse delle asportazioni che poi risultassero traumatiche agli occhi degli osservatori che ne dovevano fruire, se prodotte nelle zone in cui i materiali pittorici si presentavano più compatti e in buone condizioni.
Per identificare la natura dei pigmenti utilizzati per la realizzazione delle regioni di colore da cui erano stati prelevati i due campioni ci si è avvalsi di una routine di analisi diagnostiche ormai ampiamente impiegata in questo particolare genere di ricerca: l'indagine microscopica elettronica a scansione associata alla microanalisi spettroscopica realizzata con la sonda elettronica EDAX che sfrutta l'emissione di raggi X caratteristici da parte degli elementi presenti nel campione in esame indotta da elettroni che bombardano il campione stesso. Più dettagliatamente da un lato il microscopio elettronico a scansione (usualmente indicato dall'acronimo SEM)
permette di osservare la superficie di oggetti solidi senza dover ricorrere a complicate procedure di preparazione del campione, con grande risoluzione nei dettagli e grande profondità di fuoco, consentendo così sia uno studio approfondito della qualità della matrice carbonatica, sia una valutazione della granulometria del pigmento macinato imprigionato nei cristalli stessi di carbonato di calcio dell'intonaco. D'altro canto la microsonda elettronica EDAX è in grado di identificare univocamente gli elementi emettitori di raggi X presenti nei materiali in esame e di così fornire un'analisi topica e qualitativa e quantitativa del punto del campione colpito dal fascio di elettroni. Le moderne microsonde sono in grado di rivelare la presenza di tutti gli elementi aventi peso atomico superiore a 1 (Na), da qui il loro frequente impiego in tutte le indagini che mirano ad identificare la composizione dei pigmenti minerali utilizzati per realizzare i colori.
L'analisi in questione è stata realizzata sull'apparecchiatura messa a disposizione dal Dott. Mario Paolieri del Centro Interdipartimentale di Microscopia Elettronica e Microanalisi dell'Università degli Studi di Firenze, costituita da un microscopio a scansione PHILIPS-515 e una microsonda EDAX con spettrometro a dispersione di energia.
La microanalisi per determinare quale tipo di pigmenti minerali fossero stati usati per realizzare il sarcofago e la volta celeste è stata eseguita utilizzando per ambedue i campioni in esame solo una prima frazione della quantità totale di colore e di intonaco prelevati dalle regioni di interesse dell'affresco. Gli spettri EDAX risultati della microanalisi per il campione proveniente dal sarcofago e per quello proveniente dalla volta celeste sono riportati rispettivamente nelle Figure 1 e 2. Nel primo campione citato le analisi sperimentali hanno evidenziato la presenza di elementi quali il silicio e il calcio con tracce di alluminio, ferro e rame. Da tali risultati si deduce che l'artista ha usato per realizzare il pigmento bianco del film pittorico di tale campione il cosiddetto bianco di San Giovanni (carbonato di calcio). Nel secondo campione si nota la presenza di elementi quali rame con tracce di ferro e calcio. Il pigmento verde-azzurro del colore del campione prelevato dalla volta celeste risulta essere dunque malachite di degrado da azzurrite.
Per determinare quali sali avessero attaccato l'affresco abbiamo eseguito su entrambi i campioni un'analisi spettroscopica nell'infrarosso in trasformata di Fourier. La scelta di eseguire l'analisi su ambedue i campioni è stata adottata onde riuscire a delineare un panorama completo e il più rappresentativo possibile degli attacchi originati da processi di degrado sia di tipo chimico che di tipo biologico alle superfìci del paramento murario che erano interessate dall'intervento di restauro.
La spettroscopia nell'infrarosso in trasformata di Fourier è oggi ampiamente impiegata nella diagnostica dell'opera d'arte, in particolare quando si vogliano informazioni dettagliate riguardanti la natura chimica vuoi dei sali presenti nella matrice muraria, che in associazione con l'umidità atmosferica e interna al muro producono efflorescenze vistose che rendono spesso illeggibile l'opera, portando eventualmente ad un complessivo decoesionamento della struttura, vuoi delle vernici, dei leganti, e dei pigmenti utilizzati dall'artista, vuoi delle sostanze impiegate negli interventi di restauro e conservazione eseguiti successivamente.
Il metodo della spettroscopia in assorbimento consiste nelle sue componenti sostanziali nel fare attraversare il campione in esame da una radiazione elettromagnetica nell'infrarosso e quindi nel misurare l'intensità della radiazione trasmessa dal materiale in funzione della frequenza. Lo spettro così ottenuto è caratteristico delle particolari molecole contenute nel campione sottoposto all'analisi e rappresenta una sorta di carta di identità che permette di risalire alla natura del sale che ha aggredito l'affresco.
Le analisi sono state eseguite presso il Dipartimento di Chimica dell'Università degli Studi di Firenze sotto la supervisione del Dott. Luigi Dei che ci ha gentilmente messo a disposizione lo spettrometro IR in trasformata di Fourier BioRad FTS-40 del CNR ospitato nella divisione di Chimica-Fisica. Sono stati eseguiti due spettri, ognuno ricavato da una seconda frazione di colore e di intonaco selezionata dalla totalità di ciascuno dei due campioni prelevati.
Dallo spettro del campione proveniente dal sarcofago sotto i piedi della Madonna si deduce la presenza di carbonato di calcio, di gesso, nonché nitrati in tracce (picchi individuati nello spettro riportato in Figura 3(a), e anche la presenza di sostanze di origine organica (individuato nella figura dalla didascalia "materiale organico"). L'analisi del campione in questione permette di evidenziare pertanto nella regione dell'affresco da cui esso proviene un elevato grado di solfatazione unito ad una presenza effettiva anche se non dominante di nitrati.
Nello spettro del campione proveniente dalla campitura azzurra della volta celeste dietro la mandorla della Madonna si riscontra la presenza di carbonato di calcio, di gesso e ancora altri nitrati in tracce e anche tracce di ossalati (picchi individuati nello spettro riportato in Figura 3(b)), classici prodotti finali originati dal degrado dei materiali organici presenti sul paramento murario.
In questo caso l'analisi del campione ha permesso di rilevare sulla regione di campitura azzurra, di cui era elemento rappresentativo il campione stesso, oltre ad una notevole solfatazione e alla presenza di nitrati, anche una piccola quantità di ossalati, derivati presumibilmente da degrado ossidativo di materiale organico la cui natura dovrà essere successivamente chiarita. Per riuscire in tale intento si è deciso di operare all'insegna di una metodologia interattiva tra le varie tipologie di analisi, che permettesse tramite il confronto dei risultati sperimentali una conoscenza effettiva dei materiali usati sull'affresco e del suo stato di conservazione.
Il quesito che si era venuto delineando durante l'evoluzione dell'indagine diagnostica aveva in argomento la natura del materiale organico origine prima dei prodotti di degrado riscontrati sull'affresco. Si trattava di tentare di determinare se ci si trovasse di fronte ad un legante utilizzato dall'artista o impiegato in qualche restauro successivo, o piuttosto ad un protettivo di tipo proteico od oleoso passato sopra il film pittorico. Abbiamo dunque optato per sottoporre il secondo campione ad un'analisi di tipo gas-cromatografico che fosse in grado di separare fin nella loro più intima natura le diverse sostanze presenti nella materia e di riconoscere in maniera univoca i suoi diversi componenti3. La procedura su cui è caduta la scelta è stata quella messa a punto al Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università degli Studi di Pisa dalla Dott.ssa Maria Perla Colombini e dai suoi collaboratori. Tale procedura è in grado di identificare gli aminoacidi e gli acidi grassi che costituiscono nelle loro componenti basilari le sostanze organiche che possono essere presenti sull'affresco, utilizzando una apparecchiatura (detta per brevità gas-massa) che consta di un gascromatografo in grado di separare tali componenti e di uno spettrometro di massa che è quindi capace di risalire alla loro identità e quantità dal peso molecolare che lo strumento misura.
La ricerca dei componenti proteici e degli acidi grassi condotta mediante gas-massa sul campione che alla spettrometria nell'infrarosso in trasformata di Fourier denunciava la presenza di ossalati ha permesso di rilevare una grande quantità dell'aminoacido che va sotto il nome di idrossiprolina e che rappresenta il componente principe sia del collagene che della gelatina. Assenti sono peraltro gli aminoacidi metionina e lisina, tipici prodotti del degrado dei leganti. La concomitanza di tali eventi permette di formulare una prima ipotesi sulla natura della sostanza proteica presente nel campione che costituiva l'incognita che ci eravamo prefissati di conoscere: si tratta di un protettivo a base di colla animale steso sulla superficie dell'opera al fine di salvaguardare la pellicola pittorica sottostante, realizzata, come è emerso dai risultati della analisi alla sonda EDAX, in azzurrite, uno dei pigmenti minerali che essendo steso a secco è tra i primi ad essere soggetto ad alterazioni. Un secondo dato sperimentale ottenuto dall'analisi gascromato-grafìca ci permette di avvalorare l'ipotesi enunciata precedentemente. La quantità totale di acidi grassi trovata è molto scarsa, quindi la loro origine non sembra riconducibile ad oli siccativi ma a impurezze grasse contenute nelle colle animali.
A riprova finale della natura protettiva delle sostanze organiche riscontrate si è proceduto, secondo una routine di lavoro classica nello studio di queste sostanze. I dati ottenuti sono stati elaborati col programma MICROCAL ORIGIN secondo il metodo statistico multivariato delle componenti principali (più comune sotto la denominazione PCA) che ha lo scopo di ricollegare la sostanza in esame a "regioni di influenza" associate a tipologie di protettivi più frequentemente usate nell'area del Centro Italia. Un lavoro capillare di analisi preventiva da parte del gruppo coordinato dalla Dott.ssa Colombini di tali tipologie ricostruite dalla sezione del CNR diretta dal Prof. Mauro Matteini a partire dalle ricette classiche riportate in letteratura, ha permesso di realizzare la "mappa' riportata in Figura 4, costituita come è possibile osservare dalle "regioni di influenza' associate univocamente a ciascuna tipologia di protettivo: latte, latte-colla, colla, uovo-colla, uovo). Come si può osservare il nostro protettivo cade nella regione deputata delle colle animali confortando così l'ipotesi avanzata sulla sua natura a partire dal precedente primo risultato.
Concludendo l'esito del confronto comparativo dei risultati delle indagini diagnostiche e di quelle di archivio ci ha permesso di affermare che i prodotti di degrado che alterano l'affresco sono da identificare nelle loro componenti principali nel gesso, originato dalla solfatazione della matrice carbonatica, e nei nitrati che hanno aggredito in quantità importante ma per altro non drammatica l'opera in esame, nonché negli ossalati, derivati dal degrado ossidativo di un protettivo riconducibile ad uno degli interventi di restauro successivi di cui l'affresco è stato protagonista (probabilmente un restauro novecentesco a giudicare dalle ricette coeve dei protettivi riportate in letteratura) steso sull'azzurrite utilizzata per la campitura della volta celeste dietro la mandorla della Madonna per ravvivare e nutrire il colore.
(I rilievi grafici sono stati eseguiti dagli Arch. Piero Rossin e Marco Formigli)
