L'oratorio della Madonna del Piano a Sesto Fiorentino

LA STORIA
Carla Milloschi

L'oratorio della Madonna del Piano sorge all'estremità nord orientale dell'area attualmente occupata, nel comune di Sesto Fiorentino, dal Polo Scientifico dell'Università degli Studi di Firenze.
Fu eretto alla fine del XIV secolo come tabernacolo all'incrocio di due importanti arterie stradali che percorrevano la pianura a ovest di Firenze.
All'inizio del XVII secolo fu ampliato e trasformato in oratorio, all'interno del nucleo insediativo anticamente chiamato col nome di "Val di Rose".
Arturo Villoresi, nella sua "Storia di Sesto Fiorentino", descrive la posizione particolare della cappella della Madonna del Piano, posta sul confine tra le due antiche parrocchie di San Martino a Sesto e Santa Maria a Quinto:
"Fra il 1616 e il 1622 Filippo di Pier Francesco Lapini, del Gonfalone Chiave, proprietario di quei terreni, in omaggio devoto edificò la cappella quale oggi si vede, avendo cura che la sua fabbrica fosse per metà nel popolo di Sesto e per metà in quella di Quinto, come era desiderio dei due popoli. Da quell'epoca la località cominciò ad essere abitata e coltivata e la cappella seguì le sorti dei passaggi di proprietà della villa vicina."(2)
Fu proprio la sua posizione in comune tra i due territori, oltre che la importanza dell'immagine della Vergine in essa conservata, che resero questa cappella il luogo sacro più venerato dagli abitanti di Sesto Fiorentino.
Non esiste documentazione scritta sull'Oratorio della Madonna del Piano antecedente al XIX secolo, se si eccettua la mera citazione del suo nome tra gli oratori della zona in alcune visite pastorali dal secolo XVII in poi.
La tradizione del ritrovamento della sacra immagine unisce alla descrizione del luogo alcuni elementi che ci permettono di ricostruire l'origine del tabernacolo e la sua evoluzione nei secoli successivi.
Il Villoresi riferisce che: "In località Pelacane in mezzo alla campagna, un giorno squallida e deserta (che il torrente Zambra, libero, senza argini, nel suo corso inferiore impantanava, rendendo l'aria umida, nebbiosa e malsana) ad un quadrivio sorgeva un tabernacolo stradale con una soave immagine. Una leggenda voleva che appunto quel luogo così triste e malinconico fosse stato scelto dalla Vergine per dispensare grazie. (...). Vuole la tradizione locale che il ritrovamento di questa Sacra Immagine fosse avvenuto stranamente così: un lavoratore di quei pressi arava la terra coi buoi, questi, arrivati ad un certo punto, si fermarono e non ci fu modo di rimuoverli per quanto incitati dalla frusta, tanto che ad un certo momento caddero in ginocchio. Meravigliato di ciò, al contadino venne fatto di rimuovere appena la terra, credendo trovarvi nascosto qualche ostacolo, ma invece ai suoi occhi estasiati appariva la miracolosa immagine. Riferito tale portentoso avvenimento al proprietario della terra, Filippo Lapini, questi per devozione, ed in omaggio alla Vergine, fece subito erigere la cappella che oggi è divenuta oratorio"(3).
La storia del prodigio della Madonna del Piano è simile, nelle sue linee essenziali, alla "Venuta" della miracolosa immagine di Cercina, riferita alla statua in legno policromo di arte umbro-toscana dei primi del secolo XIII raffigurante la Madonna con il Bambino che si conserva tuttora nella pieve di Sant'Andrea a Cercina sulle pendici di Monte Morello. Come sottolinea Maria Pia Mannini, che collega gli elementi di queste narrazioni anche all'evento relativo al tabernacolo detto di Boldrone a Castello, "in tutte le leggende di eventi miracolosi, diffuse tra queste contrade, ritorna comunque il motivo, quasi un topos costante, della forza sconosciuta che inchioda animali e uomini in un determinato luogo"(4).
All'interno dell'oratorio della Madonna del Piano, è conservata l'immagine della Madonna con bambino e quattro angeli, affresco di ampie dimensioni che costituisce il cuore dell'edificio e l'oggetto della devozione, posto al centro della parete di fondo entro una cornice centinata in pietra serena.
La Vergine è seduta su un trono monumentale a intarsi marmorei, con cupola emisferica affiancata da due pinnacoli ed ampio gradino, al di sotto del quale una cornice dentellata separa la parte della Maestà dalla decorazione a finti riquadri marmorei che arriva fino al pavimento. La Madonna, con una veste rossa ed un soggolo bianco che le circonda la testa e il collo, è coperta da un manto blu. Tiene la mano destra sul fianco del Bambino posto in piedi sulle sue ginocchia che, coperto da un manto rosso, stringe con la mano destra un uccellino nero e con la sinistra afferra il bordo del mantello della madre come per mantenersi in equilibrio.
Due angeli in piedi affiancano il trono, mentre i due angeli in primo piano, inginocchiati ai lati del gradino, suonano strumenti musicali. Quello di sinistra ha appeso alla spalla con una cordicella un salterio; mentre quello di destra suona una viella (5).
L'iconografia della Madonna con Bambino in trono tra angeli (detta anche Maestà) è molto diffusa nella pittura dell' Italia centrale dal XIV al XVI secolo, sia all'interno delle chiese che nei tabernacoli stradali e nelle cappelle private.
A Firenze e in tutto il suo territorio la devozione alla Madonna è stata sempre particolarmente sentita come testimoniano i Santuari a lei dedicati, in città (SS.Annunziata) e nei dintorni (Impruneta, Madonna del Sasso, ecc), e incise così tanto nella vita religiosa e civile della città, che dal XIII al XVIII secolo l'anno fiorentino cominciava il 25 marzo, festa dell'Annunciazione.
Il motivo del Bambino che tiene in mano l'uccellino, raffigurato in tutta Europa nell'arte gotica ed ispirato probabilmente alla vita cortese, ha degli esempi analoghi nel territorio sestese nella pieve di Sant'Andrea a Cercina e nella Madonna con Bambino nella chiesa di Santa Maria a Quinto.
Il primo ad attribuire l'affresco con la Madonna col bambino e angeli dell'Oratorio della Madonna del Piano è stato C.O. Tosi, nel 1899, che lo definì "un affresco pregevolissimo di scuola giottesca e ricorda la maniera di Gherardo Starnina" (6), seguito dal Villoresi (7) che ne riprese l'attribuzione.
La prima attribuzione del Boskovits (8), del 1978, a scuola di Mariotto di Nardo e al primo decennio del Quattrocento è stata aggiornata dallo stesso Boskovits nel febbraio 2002 (comunicazione orale) con un'assegnazione al periodo giovanile del Maestro di Carmignano (9), pittore della scuola giottesca, dell'ambito di Agnolo Caddi, la cui opera principale è un'Annunciazione dipinta nella chiesa di San Michele a Carmignano. La datazione, nel caso si trattasse di questo pittore, dovrebbe essere anticipata, secondo il Boskovits, al penultimo decennio del XIV secolo.

Gli affreschi seicenteschi presenti nell'oratorio della Madonna del Piano vennero eseguiti probabilmente all'interno del periodo in cui è avvenuta la costruzione dell'oratorio vero e proprio (1594-1622) (10) ampliando e inglobando l'antico tabernacolo stradale trecentesco contenente l'affresco con la Madonna, la cui figura essi circondano con il compito di onorarla per esaltarne la devozione.
Sulla parete di fondo all'interno dell'oratorio, la sobria decorazione di tipo scenografico che circonda l'affresco della Madonna trecentesca con tendaggi sorretti da due angeli nella parte superiore centrale, mentre altri due angeli con mazzi di fiori sovrastano la figura centrale della Vergine, interviene con una profilatura che sottolinea e arricchisce gli elementi architettonici della parete dove si aprono le due porte di accesso alla sacrestia, intorno alle cui cornici si scorgono i resti di una decorazione a finti riquadri marmorei e a festoni di frutta.
Affiancano la Madonna trecentesca due santi raffigurati con una foglia di palma in una mano, simbolo del loro martirio ed un libro chiuso nell'altra mano, segno della loro santità e fedeltà al Vangelo. Si tratta di San Pier Martire (a sinistra) e Santa Reparata Martire (a destra) ciascuno entro una fìnta nicchia all'interno di una finestra dipinta di cui oggi si intravedono soltanto le cornici architettoniche e sopra la quale è rappresentata la scena del martirio in un piccolo riquadro in corrispondenza di ciascun personaggio.
Il santo domenicano è raffigurato con l'abito dell'ordine, bianco e nero, sulla testa barbuta è ben visibile un coltello conficcato sul retro superiore del cranio, mentre l'aureola si intravede intorno al capo, fuoriuscente dal bordo della nicchia. La scena del martirio, ormai non più visibile nei particolari ma solo nei contorni delle sagome, raffigura, su uno sfondo chiaro, il carnefice in piedi che afferra il collo del santo inginocchiato a terra, mentre con il braccio alzato sta per sferrare il colpo mortale.
La santa protomartire è vestita invece con un abito di tipo borghese - campagnolo, con sopraveste verde acqua, fermato sotto il petto con una fusciacca bianca, sotto alla quale, dai bordi ondulati delle spalle escono le maniche a righe, che si ripetono anche nella stoffa che copre il capo e scende lenta intorno allo scollo sul petto. Circonda l'intera figura un ampio mantello giallo oro, con i bordi decorati da motivi a ovoli, sempre color oro, il cui panneggio si appoggia alla spalla destra. Una sottile aureola sovrasta il capo della santa, raffigurata come una giovane campagnola con i capelli biondi-castani ricciuti e due orecchini pendenti con perla. La scena del martirio, anche in questo caso non più visibile nei particolari ma solo nei contorni delle sagome, raffigura, su uno sfondo chiaro in cui si intravedono delle colline, il carnefice in piedi che sferra il colpo mortale alla santa inginocchiata a terra.
All'interno della decorazione, caratterizzata nella parte superiore dal tendaggio con angeli, motivo abbastanza consueto nel Seicento per arricchire immagini sacre in occasione di rifacimenti decorativi e ampliamenti di cappelle (11), la scelta di raffigurare questi due santi martiri deve essere stata quasi sicuramente legata all'ambito domenicano ed al recupero delle figure più antiche della storia cristiana locale a cui questo ordine contribuì in modo significativo.
San Pier Martire, o Pietro da Verona, domenicano, è vissuto nel XIII secolo. Inviato da Verona a Firenze contro gli eretici patarini, fu ospitato dai domenicani di Santa Maria Novella, dove nacque la arciconfraternita della Misericordia di cui è patrono (12). Chiamò a raccolta i nobili e la plebe e scosse Firenze con la sua santità e con la potenza dei suoi sermoni. Ma gli eretici vinti lo uccisero nei pressi di Como, in un'imboscata, spaccandogli la testa (13). Santa Reparata vergine e martire è protettrice del popolo fiorentino. Mercanti dell'Asia minore introdussero in occidente nel V secolo la devozione per questa vergine di Cesarea martirizzata nel III secolo perché si rifiutò di offrire sacrifici agli dei pagani. A lei fu attribuita l'intercessione per la liberazione della città di Firenze dalla furia dei barbari Ostrogoti di Radagaiso nel 405 quando, secondo quanto ci è tramandato. Reparata apparve sopra la città sventolando un vessillo con il giglio che ne è simbolo. Da allora ne fu diffuso il culto tanto che la prima cattedrale di Firenze , nel V secolo, fu intestata a lei (14). Nella zona di Sesto Fiorentino i Padri Domenicani, che si erano distinti già dal Medioevo per la costruzione di vari Ospizi (15), vi introdussero in particolare dal XVI secolo, la devozione al SS.Rosario (16). L'oratorio della Madonna del Piano, pur non essendo sede di una Compagnia o Confraternita, divenne probabilmente, in questo periodo, un luogo particolarmente adatto a questo devozione data la presenza dell'immagine della Vergine già venerata da due secoli. La scelta pertanto del santo domenicano martirizzato dagli eretici (san Pier Martire) può essere messa in relazione al pericolo dato dalla crescente presenza dei turchi nel Mediterraneo, debellato (evitando la loro invasione dell'Europa), nella battaglia di Lepanto del 1571.
La scelta di Santa Reparata può essere inserita nel recupero delle figure più antiche della storia cristiana locale promossa dal Concilio di Trento (1545-1563) allo scopo di rivitalizzare la dottrina e la fede del popolo (17) a cui lo stesso ordine domenicano contribuì in modo significativo. La scelta di Santa Reparata negli affreschi dell'inizio del Seicento può essere infine legata anche al fatto che nel 1605 giunsero alcuni frammenti delle sue venerate reliquie in terra toscana (18), incrementandone la devozione.
L'ipotesi di attribuzione stilistica avanzata per gli affreschi seicenteschi dell'oratorio della Madonna del Piano da Mariapia Mannini (19) è all'ambito di Giovan Pietro Naldini (Settignano 1578- Prato 1642) fiorentino allievo del Ligozzi, pittore itinerante attivo nella zona di Prato dal 1628. La datazione ipotizzata dalla stessa studiosa per gli affreschi è intorno al 1618-20.
Vicino a Giovanni da San Giovanni che ha eseguito varie decorazioni nella zona tra Castello e Sesto (20), il Naldini è caratterizzato da uno stile eclettico che rende diffìcile la ricostruzione esatta delle sue opere, di cui è scarsa la documentazione scritta (21). Una particolare somiglianza è riscontrabile, secondo la Mannini, tra la figura della Santa Reparata dell'oratorio della Madonna del Piano a Sesto Fiorentino e il San Giovanni Evangelista dipinto dal Naldini insieme ad altri santi nella chiesa di S. Michele a Carmignano, per la affinità di resa dei panneggi e del volto (22).
All'interno dell'area sestese gli affreschi seicenteschi dell'oratorio della Madonna del Piano sono infine da accostare alle figure di santi entro nicchie architettoniche affrescate nella Cappella di San Giovanni Decollato all'interno della Pieve di San Martino, il cui autore, un pittore dell'inizio del secolo XVII, non è stato ancora individuato. La analogia è data soprattutto dalla tipologia di raffigurazione delle pitture che però non presentano particolari affinità stilistiche con i due martiri del nostro oratorio (23).

Note

(1) Questo articolo è un estratto del libro: Milloschi C., L'oratorio della madonna del Piano, la memoria della Piana tra arte e storia, con interventi di Baldini U., Botticelli S., Mannini M., Salvi M.a cura dell'Università degli Studi di Firenze e del Comune di Sesto Fiorentino.
(2) Villoresi A., Sesto Fiorentino: notizie di storia, geografia, arte, Sesto Fiorentino, 1988 , p.77-78 (edizione a stampa del manoscritto del 1950).
(3) Villoresi A., op. cit., 1988, p.77-78.
(4) Mannini M.P, Immagini di devozione, catalogo della mostra. Sesto Fiorentino, Villa Corsi Salviati 24 ottobre-22 novembre 1981, Firenze, 1981, p.l8.
(5) Per la storia e la descrizione degli strumenti musicali vedi Galgani E, Gli strumenti musicali nella Maestà di Ambrogio Lorenzetti a Massa Marittima: analisi storica e ricostruzione, I Quaderni del Centro Studi, Centro studi storici "A. Gabrielli", Massa Marittima (GR), 2000, pp.40-54. L'analisi degli strumenti musicali del nostro affresco è presente nel libro di prossima pubblicazione Milloschi C., L'oratorio della Madonna del piano, la memoria della Piana tra arte e storia, (vedi qui nota n.l).
(6) Tosi C.O., La Madonna del Piano nel Comune di Sesto, in "Arte e Storia", Firenze, Luglio 1899, p.87
(7) Villoresi A., op. cit., 1988, p.77-78
(8) In Mannini M.P, op. cit., 1981, p.l8.
(9) Per la ricostruzione del corpus delle opere del Maestro di Carmignano, vedi Fiorillo F., Il Maestro di Carmignano: un tentativo di ricostruzione, in "Arte Cristiana", 2001, p.333-346. (10) Mannini M.P., op. cit., 1981, nota 28, p.37. (11) Vedi ad es. tendaggi analoghi nell'Oratorio della Loggia dei Bianchi.
(12) Vedi San Sebastiano: periodico della Misericordia di Firenze, gennaio 1996, n.186, p.42
(13) Vedi Kaftal, G., Iconography of the saints in Tuscan painting, Risi Anast., Firenze, 1986, p.818-822 .
(14) Giannarelli E., Pellis L., Donne di Pietra: storie al femminile scolpite sui muri di Firenze, Firenze,1999,pp.99-101.
(15) Mannini M.P, op. cit., 1981, p.l4.
(16) Calzolai C.C., La Pieve di San Martino a Sesto, Firenze, 1966, p.53-54 e nota 8 p.54.
(17) Su Concilio di Trento vedi D'Addario A., La comunità cristiana fiorentina e toscana nella Dialettica religiosa del Cinquecento, Firenze, 1980.
(18) Vedi Giannarelli E., Pellis L., op. cit., 1999, p.100.
(19) Comunicazione orale di Maria Pia Mannini febbraio 2002
(20) Vedi Mannini M.P, op. cit., 1981, nota 58 e 59 p. 38; Castello: campagna medicea, periferia urbana, Firenze, 1984, p.44.
(21) Per il corpus completo di Naldini vedi Il Seicento a Prato, 1998, p.76-90, figg. 130-154, p.215, fig.398; p.183, fig.336.
(22) Comunicazione orale di Mariapia Mannini febbraio 2002.
(23) Comunicazione orale di Maria Pia Mannini febbraio 2002.

Bibliografia

1899 - Carlo Odoardo Tosi, La Madonna del Piano nel Comune di Sesto, in "Arte e Storia", Firenze, luglio 1899, pp. 86-87.
1966 - Calzolai Carlo Celso, La pieve di San Martino a Sesto, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1966.
1975 - M. Boskovits, Pittura fiorentina alla viglia del Rinascimento, 1975, con bibliografìa precedente.
1978 - Mannini Marcello, Valori storici, artistici, archeologici di Sesto Fiorentino, Firenze, Editori Giorgi e Gambi, (completato con il catalogo delle opere d'arte a cura di Maria Pia Mannini), 1978, pp. 333 (la ed. 1965).
1980 - D'Addario Arnaldo, La comunità cristiana fiorentina e toscana nella Dialettica religiosa del Cinquecento, Firenze, Becocci, 1980, pp. 293.
1981 - Mannini Maria Pia, Immagini di devozione (catalogo mostra), 24 ottobre-22 novembre 1981, Sesto Fiorentino, Villa Corsi Salviati, Electa, Firenze, pp. 127.
1984 - Castello: Campagna medicea, periferia urbana, Studio GE9, Quartiere 9,1984.
1986 - Kaftal, George, Iconography of the saints in Tuscan painting, Rist. anast., Firenze,Le Lettere, [1986].
1988 - Villoresi Arturo, Sesto Fiorentino: notizie di storia, geografìa, arte, Sesto Fiorentino, 1988 (edizione a stampa del manoscritto del 1950).
1990 - Roselli Piero, L'oratorio della Madonna del Piano a Sesto Fiorentino, in Quaderni di storia dell'Architettura e Restauro, n. 3 Gennaio 1990, (pp. 73-77).
1991 - Mannini M., Le strade e i popoli della podesteria di Sesto nel XVI secolo, Firenze,1991 - (pp. 18-19).
1996 - San Sebastiano: periodico della Misericordia di Firenze, Firenze, anno 48°, 1996, n.186.
1998 - Il Seicento a Prato, a cura di Claudio Ceretelli e Renzo Fantappiè, 1998, pp. 340.
1999 - Giannarelli Elena, Pellis Lorella, Donne di Pietra: storie al femminile scolpite sui muri di Firenze, Giorgi & Gambi editori, 1999, pp. 223.
2000 - Galgani Fabio, Gli strumenti musicali nella Maestà di Ambrogio Lorenzetti a Massa Marittima: analisi storica e ricostruzione, I quaderni del Centro studi. Centro studi storici "A. Gabrielli", Massa Marittima (GR), 2000.
2000 - Milloschi Carla, La chiesa di Santa Maria e San Bartolomeo a Padule a Sesto Fiorentino, Firenze, 2000.
2001 - Fiorillo Federica, II maestro di Carmignano: un tentativo di ricostruzione, in Arte cristiana, 2001, p. 333 e ss.

Summary

The oratory of the Madonna del Piano, located inside the area of the Scientific Pole of Florence University at Sesto Fiorentino, was erected at the end of the 14th century as a tabernacle at the intersection of two important roads that crossed the plain to the west of Florence.
At the beginning of the 17th century it was enliarged and turned into an oratory by the Lapini family, resident in the nearby settlement that used to be known as "Val di Rose."
The image of Mary it houses, whose origins are traditionally linked to its miraculous discovery, has made this chapel the sacred site most venerated by the inhabitants of Sesto Fiorentino. The fine 14th century fresco depicting the Virgin and Child Enthroned with Four Angeis, painted in the middle of the wall behind the altar, is surrounded by 17th century decorations representing, at the top, a large drape supported by putti and, at the sides, two figures of martyred saints, Saint Peter Martyr and Saint Reparata, painted inside a mock architectural decoration.
The paintings are analyzed and described from the stylistic and iconographic viewpoint: a date of the end of the 14th century is proposed for the main fresco with the Maestà, while the remaining decoration is assigned to sometime in the first half of the 17th century.
The history of the oratory is related to that of similar chapels and oratories built in this part of the countryside around Florence. The restoration of the building and its frescoes constitutes the contribution that the university wishes to make to preserving the memory of this place and its history.