Affreschi
Oratorio della Madonna del Piano a Sesto Fiorentino (Affreschi del 1300 e del 1600)
Carla Milloschi
L'oratorio della Madonna del Piano al Polo Scientifo dell'Università degli Studi di Firenze nel Comune di Sesto Fiorentino
L'oratorio della Madonna del Piano sorge all'estremità nord orientale dell'area attualmente occupata, nel comune di Sesto Fiorentino, dal Polo Scientifico dell'Università degli Studi di Firenze.
Fu eretto alla fine del XIV secolo come tabernacolo all'incrocio di due importanti arterie stradali che percorrevano la pianura a ovest di Firenze.
All'inizio del XVII secolo fu ampliato e trasformato in oratorio, all'interno del nucleo insediativo anticamente chiamato col nome di "Val di Rose".
Arturo Villoresi, nella sua "Storia di Sesto Fiorentino", descrive la posizione particolare della cappella della Madonna del Piano, posta sul confine tra le due antiche parrocchie di San Martino a Sesto e Santa Maria a Quinto:
"Fra il 1616 e il 1622 Filippo di Pier Francesco Lapini, del Gonfalone Chiave, proprietario di quei terreni, in omaggio devoto edificò la cappella quale oggi si vede, avendo cura che la sua fabbrica fosse per metà nel popolo di Sesto e per metà in quella di Quinto, come era desiderio dei due popoli. Da quell'epoca la località cominciò ad essere abitata e coltivata e la cappella seguì le sorti dei passaggi di proprietà della villa vicina."(2)
Fu proprio la sua posizione in comune tra i due territori, oltre che la importanza dell'immagine della Vergine in essa conservata, che resero questa cappella il luogo sacro più venerato dagli abitanti di Sesto Fiorentino.
Non esiste documentazione scritta sull'Oratorio della Madonna del Piano antecedente al XIX secolo, se si eccettua la mera citazione del suo nome tra gli oratori della zona in alcune visite pastorali dal secolo XVII in poi.
La tradizione del ritrovamento della sacra immagine unisce alla descrizione del luogo alcuni elementi che ci permettono di ricostruire l'origine del tabernacolo e la sua evoluzione nei secoli successivi.
Scuola fiorentina, sec.XIV, MADONNA COL BAMBINO E ANGELI (dopo il restauro)
Il Villoresi riferisce che: "In località Pelacane in mezzo alla campagna, un giorno squallida e deserta (che il torrente Zambra, libero, senza argini, nel suo corso inferiore impantanava, rendendo l'aria umida, nebbiosa e malsana) ad un quadrivio sorgeva un tabernacolo stradale con una soave immagine. Una leggenda voleva che appunto quel luogo così triste e malinconico fosse stato scelto dalla Vergine per dispensare grazie. (...). Vuole la tradizione locale che il ritrovamento di questa Sacra Immagine fosse avvenuto stranamente così: un lavoratore di quei pressi arava la terra coi buoi, questi, arrivati ad un certo punto, si fermarono e non ci fu modo di rimuoverli per quanto incitati dalla frusta, tanto che ad un certo momento caddero in ginocchio. Meravigliato di ciò, al contadino venne fatto di rimuovere appena la terra, credendo trovarvi nascosto qualche ostacolo, ma invece ai suoi occhi estasiati appariva la miracolosa immagine. Riferito tale portentoso avvenimento al proprietario della terra, Filippo Lapini, questi per devozione, ed in omaggio alla Vergine, fece subito erigere la cappella che oggi è divenuta oratorio"(3).
La storia del prodigio della Madonna del Piano è simile, nelle sue linee essenziali, alla "Venuta" della miracolosa immagine di Cercina, riferita alla statua in legno policromo di arte umbro-toscana dei primi del secolo XIII raffigurante la Madonna con il Bambino che si conserva tuttora nella pieve di Sant'Andrea a Cercina sulle pendici di Monte Morello. Come sottolinea Maria Pia Mannini, che collega gli elementi di queste narrazioni anche all'evento relativo al tabernacolo detto di Boldrone a Castello, "in tutte le leggende di eventi miracolosi, diffuse tra queste contrade, ritorna comunque il motivo, quasi un topos costante, della forza sconosciuta che inchioda animali e uomini in un determinato luogo"(4).
All'interno dell'oratorio della Madonna del Piano, è conservata l'immagine della Madonna con bambino e quattro angeli, affresco di ampie dimensioni che costituisce il cuore dell'edificio e l'oggetto della devozione, posto al centro della parete di fondo entro una cornice centinata in pietra serena.
La Vergine è seduta su un trono monumentale a intarsi marmorei, con cupola emisferica affiancata da due pinnacoli ed ampio gradino, al di sotto del quale una cornice dentellata separa la parte della Maestà dalla decorazione a finti riquadri marmorei che arriva fino al pavimento. La Madonna, con una veste rossa ed un soggolo bianco che le circonda la testa e il collo, è coperta da un manto blu. Tiene la mano destra sul fianco del Bambino posto in piedi sulle sue ginocchia che, coperto da un manto rosso, stringe con la mano destra un uccellino nero e con la sinistra afferra il bordo del mantello della madre come per mantenersi in equilibrio.
[La parete affrescata all'interno dell'oratorio e particolare degli angeli reggitenda (dopo il restauro), sec. XVII]Due angeli in piedi affiancano il trono, mentre i due angeli in primo piano, inginocchiati ai lati del gradino, suonano strumenti musicali. Quello di sinistra ha appeso alla spalla con una cordicella un salterio; mentre quello di destra suona una viella (5).
L'iconografia della Madonna con Bambino in trono tra angeli (detta anche Maestà) è molto diffusa nella pittura dell' Italia centrale dal XIV al XVI secolo, sia all'interno delle chiese che nei tabernacoli stradali e nelle cappelle private.
A Firenze e in tutto il suo territorio la devozione alla Madonna è stata sempre particolarmente sentita come testimoniano i Santuari a lei dedicati, in città (SS. Annunziata) e nei dintorni (Impruneta, Madonna del Sasso, ecc), e incise così tanto nella vita religiosa e civile della città, che dal XIII al XVIII secolo l'anno fiorentino cominciava il 25 marzo, festa dell'Annunciazione.
Il motivo del Bambino che tiene in mano l'uccellino, raffigurato in tutta Europa nell'arte gotica ed ispirato probabilmente alla vita cortese, ha degli esempi analoghi nel territorio sestese nella pieve di Sant'Andrea a Cercina e nella Madonna con Bambino nella chiesa di Santa Maria a Quinto.
Il primo ad attribuire l'affresco con la Madonna col bambino e angeli dell'Oratorio della Madonna del Piano è stato C.O. Tosi, nel 1899, che lo definì "un affresco pregevolissimo di scuola giottesca e ricorda la maniera di Gherardo Starnina" (6), seguito dal Villoresi (7) che ne riprese l'attribuzione.
La parete affrescata all'interno dell'oratorio e particolare degli angeli reggitenda (dopo il restauro), sec. XVII
La prima attribuzione del Boskovits (8), del 1978, a scuola di Mariotto di Nardo e al primo decennio del Quattrocento è stata aggiornata dallo stesso Boskovits nel febbraio 2002 (comunicazione orale) con un'assegnazione al periodo giovanile del Maestro di Carmignano (9), pittore della scuola giottesca, dell'ambito di Agnolo Caddi, la cui opera principale è un'Annunciazione dipinta nella chiesa di San Michele a Carmignano. La datazione, nel caso si trattasse di questo pittore, dovrebbe essere anticipata, secondo il Boskovits, al penultimo decennio del XIV secolo.
Gli affreschi seicenteschi presenti nell'oratorio della Madonna del Piano vennero eseguiti probabilmente all'interno del periodo in cui è avvenuta la costruzione dell'oratorio vero e proprio (1594-1622) (10) ampliando e inglobando l'antico tabernacolo stradale trecentesco contenente l'affresco con la Madonna, la cui figura essi circondano con il compito di onorarla per esaltarne la devozione.
Sulla parete di fondo all'interno dell'oratorio, la sobria decorazione di tipo scenografico che circonda l'affresco della Madonna trecentesca con tendaggi sorretti da due angeli nella parte superiore centrale, mentre altri due angeli con mazzi di fiori sovrastano la figura centrale della Vergine, interviene con una profilatura che sottolinea e arricchisce gli elementi architettonici della parete dove si aprono le due porte di accesso alla sacrestia, intorno alle cui cornici si scorgono i resti di una decorazione a finti riquadri marmorei e a festoni di frutta.
Affiancano la Madonna trecentesca due santi raffigurati con una foglia di palma in una mano, simbolo del loro martirio ed un libro chiuso nell'altra mano, segno della loro santità e fedeltà al Vangelo. Si tratta di San Pier Martire (a sinistra) e Santa Reparata Martire (a destra) ciascuno entro una fìnta nicchia all'interno di una finestra dipinta di cui oggi si intravedono soltanto le cornici architettoniche e sopra la quale è rappresentata la scena del martirio in un piccolo riquadro in corrispondenza di ciascun personaggio.
Il santo domenicano è raffigurato con l'abito dell'ordine, bianco e nero, sulla testa barbuta è ben visibile un coltello conficcato sul retro superiore del cranio, mentre l'aureola si intravede intorno al capo, fuoriuscente dal bordo della nicchia. La scena del martirio, ormai non più visibile nei particolari ma solo nei contorni delle sagome, raffigura, su uno sfondo chiaro, il carnefice in piedi che afferra il collo del santo inginocchiato a terra, mentre con il braccio alzato sta per sferrare il colpo mortale.
San Pietro Martire e Santa Reparata, sec. XVII
La santa protomartire è vestita invece con un abito di tipo borghese - campagnolo, con sopraveste verde acqua, fermato sotto il petto con una fusciacca bianca, sotto alla quale, dai bordi ondulati delle spalle escono le maniche a righe, che si ripetono anche nella stoffa che copre il capo e scende lenta intorno allo scollo sul petto. Circonda l'intera figura un ampio mantello giallo oro, con i bordi decorati da motivi a ovoli, sempre color oro, il cui panneggio si appoggia alla spalla destra. Una sottile aureola sovrasta il capo della santa, raffigurata come una giovane campagnola con i capelli biondi-castani ricciuti e due orecchini pendenti con perla. La scena del martirio, anche in questo caso non più visibile nei particolari ma solo nei contorni delle sagome, raffigura, su uno sfondo chiaro in cui si intravedono delle colline, il carnefice in piedi che sferra il colpo mortale alla santa inginocchiata a terra.
All'interno della decorazione, caratterizzata nella parte superiore dal tendaggio con angeli, motivo abbastanza consueto nel Seicento per arricchire immagini sacre in occasione di rifacimenti decorativi e ampliamenti di cappelle (11), la scelta di raffigurare questi due santi martiri deve essere stata quasi sicuramente legata all'ambito domenicano ed al recupero delle figure più antiche della storia cristiana locale a cui questo ordine contribuì in modo significativo.
San Pier Martire, o Pietro da Verona, domenicano, è vissuto nel XIII secolo. Inviato da Verona a Firenze contro gli eretici patarini, fu ospitato dai domenicani di Santa Maria Novella, dove nacque la arciconfraternita della Misericordia di cui è patrono (12). Chiamò a raccolta i nobili e la plebe e scosse Firenze con la sua santità e con la potenza dei suoi sermoni. Ma gli eretici vinti lo uccisero nei pressi di Como, in un'imboscata, spaccandogli la testa (13). Santa Reparata vergine e martire è protettrice del popolo fiorentino. Mercanti dell'Asia minore introdussero in occidente nel V secolo la devozione per questa vergine di Cesarea martirizzata nel III secolo perché si rifiutò di offrire sacrifici agli dei pagani. A lei fu attribuita l'intercessione per la liberazione della città di Firenze dalla furia dei barbari Ostrogoti di Radagaiso nel 405 quando, secondo quanto ci è tramandato. Reparata apparve sopra la città sventolando un vessillo con il giglio che ne è simbolo. Da allora ne fu diffuso il culto tanto che la prima cattedrale di Firenze , nel V secolo, fu intestata a lei (14). Nella zona di Sesto Fiorentino i Padri Domenicani, che si erano distinti già dal Medioevo per la costruzione di vari Ospizi (15), vi introdussero in particolare dal XVI secolo, la devozione al SS.Rosario (16). L'oratorio della Madonna del Piano, pur non essendo sede di una Compagnia o Confraternita, divenne probabilmente, in questo periodo, un luogo particolarmente adatto a questo devozione data la presenza dell'immagine della Vergine già venerata da due secoli. La scelta pertanto del santo domenicano martirizzato dagli eretici (san Pier Martire) può essere messa in relazione al pericolo dato dalla crescente presenza dei turchi nel Mediterraneo, debellato (evitando la loro invasione dell'Europa), nella battaglia di Lepanto del 1571.
La scelta di Santa Reparata può essere inserita nel recupero delle figure più antiche della storia cristiana locale promossa dal Concilio di Trento (1545-1563) allo scopo di rivitalizzare la dottrina e la fede del popolo (17) a cui lo stesso ordine domenicano contribuì in modo significativo. La scelta di Santa Reparata negli affreschi dell'inizio del Seicento può essere infine legata anche al fatto che nel 1605 giunsero alcuni frammenti delle sue venerate reliquie in terra toscana (18), incrementandone la devozione.
L'ipotesi di attribuzione stilistica avanzata per gli affreschi seicenteschi dell'oratorio della Madonna del Piano da Mariapia Mannini (19) è all'ambito di Giovan Pietro Naldini (Settignano 1578- Prato 1642) fiorentino allievo del Ligozzi, pittore itinerante attivo nella zona di Prato dal 1628. La datazione ipotizzata dalla stessa studiosa per gli affreschi è intorno al 1618-20.
Vicino a Giovanni da San Giovanni che ha eseguito varie decorazioni nella zona tra Castello e Sesto (20), il Naldini è caratterizzato da uno stile eclettico che rende diffìcile la ricostruzione esatta delle sue opere, di cui è scarsa la documentazione scritta (21). Una particolare somiglianza è riscontrabile, secondo la Mannini, tra la figura della Santa Reparata dell'oratorio della Madonna del Piano a Sesto Fiorentino e il San Giovanni Evangelista dipinto dal Naldini insieme ad altri santi nella chiesa di S. Michele a Carmignano, per la affinità di resa dei panneggi e del volto (22).
All'interno dell'area sestese gli affreschi seicenteschi dell'oratorio della Madonna del Piano sono infine da accostare alle figure di santi entro nicchie architettoniche affrescate nella Cappella di San Giovanni Decollato all'interno della Pieve di San Martino, il cui autore, un pittore dell'inizio del secolo XVII, non è stato ancora individuato. La analogia è data soprattutto dalla tipologia di raffigurazione delle pitture che però non presentano particolari affinità stilistiche con i due martiri del nostro oratorio (23).
Note
- (1) Questo articolo è un estratto del libro: Milloschi C., L'oratorio della madonna del Piano, la memoria della Piana tra arte e storia, con interventi di Baldini U., Botticelli S., Mannini M., Salvi M.a cura dell'Università degli Studi di Firenze e del Comune di Sesto Fiorentino.
- (2) Villoresi A., Sesto Fiorentino: notizie di storia, geografia, arte, Sesto Fiorentino, 1988 , p.77-78 (edizione a stampa del manoscritto del 1950).
- (3) Villoresi A., op. cit., 1988, p.77-78.
- (4) Mannini M.P, Immagini di devozione, catalogo della mostra. Sesto Fiorentino, Villa Corsi Salviati 24 ottobre-22 novembre 1981, Firenze, 1981, p.l8.
- (5) Per la storia e la descrizione degli strumenti musicali vedi Galgani E, Gli strumenti musicali nella Maestà di Ambrogio Lorenzetti a Massa Marittima: analisi storica e ricostruzione, I Quaderni del Centro Studi, Centro studi storici "A. Gabrielli", Massa Marittima (GR), 2000, pp.40-54. L'analisi degli strumenti musicali del nostro affresco è presente nel libro di prossima pubblicazione Milloschi C., L'oratorio della Madonna del piano, la memoria della Piana tra arte e storia, (vedi qui nota n.l).
- (6) Tosi C.O., La Madonna del Piano nel Comune di Sesto, in "Arte e Storia", Firenze, Luglio 1899, p.87
- (7) Villoresi A., op. cit., 1988, p.77-78
- (8) In Mannini M.P, op. cit., 1981, p.l8.
- (9) Per la ricostruzione del corpus delle opere del Maestro di Carmignano, vedi Fiorillo F., Il Maestro di Carmignano: un tentativo di ricostruzione, in "Arte Cristiana", 2001, p.333-346. (10) Mannini M.P., op. cit., 1981, nota 28, p.37. (11) Vedi ad es. tendaggi analoghi nell'Oratorio della Loggia dei Bianchi.
- (12) Vedi San Sebastiano: periodico della Misericordia di Firenze, gennaio 1996, n.186, p.42
- (13) Vedi Kaftal, G., Iconography of the saints in Tuscan painting, Risi Anast., Firenze, 1986, p.818-822.
- (14) Giannarelli E., Pellis L., Donne di Pietra: storie al femminile scolpite sui muri di Firenze, Firenze,1999,pp.99-101.
- (15) Mannini M.P, op. cit., 1981, p.l4.
- (16) Calzolai C.C., La Pieve di San Martino a Sesto, Firenze, 1966, p.53-54 e nota 8 p.54.
- (17) Su Concilio di Trento vedi D'Addario A., La comunità cristiana fiorentina e toscana nella Dialettica religiosa del Cinquecento, Firenze, 1980.
- (18) Vedi Giannarelli E., Pellis L., op. cit., 1999, p.100.
- (19) Comunicazione orale di Maria Pia Mannini febbraio 2002
- (20) Vedi Mannini M.P, op. cit., 1981, nota 58 e 59 p. 38; Castello: campagna medicea, periferia urbana, Firenze, 1984, p.44.
- (21) Per il corpus completo di Naldini vedi Il Seicento a Prato, 1998, p.76-90, figg. 130-154, p.215, fig.398; p.183, fig.336.
- (22) Comunicazione orale di Mariapia Mannini febbraio 2002.
- (23) Comunicazione orale di Maria Pia Mannini febbraio 2002.
Bibliografia
- 1899 - Carlo Odoardo Tosi, La Madonna del Piano nel Comune di Sesto, in "Arte e Storia", Firenze, luglio 1899, pp. 86-87.
- 1966 - Calzolai Carlo Celso, La pieve di San Martino a Sesto, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1966.
- 1975 - M. Boskovits, Pittura fiorentina alla viglia del Rinascimento, 1975, con bibliografìa precedente.
- 1978 - Mannini Marcello, Valori storici, artistici, archeologici di Sesto Fiorentino, Firenze, Editori Giorgi e Gambi, (completato con il catalogo delle opere d'arte a cura di Maria Pia Mannini), 1978, pp. 333 (la ed. 1965).
- 1980 - D'Addario Arnaldo, La comunità cristiana fiorentina e toscana nella Dialettica religiosa del Cinquecento, Firenze, Becocci, 1980, pp. 293.
- 1981 - Mannini Maria Pia, Immagini di devozione (catalogo mostra), 24 ottobre-22 novembre 1981, Sesto Fiorentino, Villa Corsi Salviati, Electa, Firenze, pp. 127.
- 1984 - Castello: Campagna medicea, periferia urbana, Studio GE9, Quartiere 9,1984.
- 1986 - Kaftal, George, Iconography of the saints in Tuscan painting, Rist. anast., Firenze,Le Lettere, [1986].
- 1988 - Villoresi Arturo, Sesto Fiorentino: notizie di storia, geografìa, arte, Sesto Fiorentino, 1988 (edizione a stampa del manoscritto del 1950).
- 1990 - Roselli Piero, L'oratorio della Madonna del Piano a Sesto Fiorentino, in Quaderni di storia dell'Architettura e Restauro, n. 3 Gennaio 1990, (pp. 73-77).
- 1991 - Mannini M., Le strade e i popoli della podesteria di Sesto nel XVI secolo, Firenze,1991 - (pp. 18-19).
- 1996 - San Sebastiano: periodico della Misericordia di Firenze, Firenze, anno 48°, 1996, n.186.
- 1998 - Il Seicento a Prato, a cura di Claudio Ceretelli e Renzo Fantappiè, 1998, pp. 340.
- 1999 - Giannarelli Elena, Pellis Lorella, Donne di Pietra: storie al femminile scolpite sui muri di Firenze, Giorgi & Gambi editori, 1999, pp. 223.
- 2000 - Galgani Fabio, Gli strumenti musicali nella Maestà di Ambrogio Lorenzetti a Massa Marittima: analisi storica e ricostruzione, I quaderni del Centro studi. Centro studi storici "A. Gabrielli", Massa Marittima (GR), 2000.
- 2000 - Milloschi Carla, La chiesa di Santa Maria e San Bartolomeo a Padule a Sesto Fiorentino, Firenze, 2000.
- 2001 - Fiorillo Federica, II maestro di Carmignano: un tentativo di ricostruzione, in Arte cristiana, 2001, p. 333 e ss.
Summary
The oratory of the Madonna del Piano, located inside the area of the Scientific Pole of Florence University at Sesto Fiorentino, was erected at the end of the 14th century as a tabernacle at the intersection of two important roads that crossed the plain to the west of Florence.
At the beginning of the 17th century it was enliarged and turned into an oratory by the Lapini family, resident in the nearby settlement that used to be known as "Val di Rose."
The image of Mary it houses, whose origins are traditionally linked to its miraculous discovery, has made this chapel the sacred site most venerated by the inhabitants of Sesto Fiorentino. The fine 14th century fresco depicting the Virgin and Child Enthroned with Four Angeis, painted in the middle of the wall behind the altar, is surrounded by 17th century decorations representing, at the top, a large drape supported by putti and, at the sides, two figures of martyred saints, Saint Peter Martyr and Saint Reparata, painted inside a mock architectural decoration.
The paintings are analyzed and described from the stylistic and iconographic viewpoint: a date of the end of the 14th century is proposed for the main fresco with the Maestà, while the remaining decoration is assigned to sometime in the first half of the 17th century.
The history of the oratory is related to that of similar chapels and oratories built in this part of the countryside around Florence. The restoration of the building and its frescoes constitutes the contribution that the university wishes to make to preserving the memory of this place and its history.
Silvia Botticelli
II restauro, condotto dall'Università Internazionale dell'Arte di Firenze, si è concluso nel 2002 sotto la guida dei docenti: Fabrizio Bandini, Guido Botticelli, Silvia Botticelli, Carlo Cappelletti e Stefania Franceschini. Hanno operato gli allievi dei corsi di formazione e di specializzazione per "Restauratore di affreschi": Manuela Berardo, Richard Biancalani, Pierpaolo Brunori, Simona Careccia, Francesca Crocetti, Mara Dindo, Ioannis Eliades, Francesca Fiorilli, Roberta Garbero, Ilaria Innocenti, Simona Merlo, Emanuele Olla, Elena Onnis, Yoshika Orita, Marta Prina, Marianela Beatriz Salazar Albornoz, Guia Silvani, Giulia Silvano, Sandra Tavoli, Giulia Vongher, Fani Zupan.
L'affresco MADONNA CON BAMBINO E ANGELI (prima del restauro), sec. XVII
L'intervento di restauro costituisce un'importante occasione per l'approfondimento della conoscenza di un'opera d'arte. Attraverso l'osservazione ravvicinata, il contatto diretto e lo studio analitico della materia è possibile penetrare nell'intimo dell'opera, conoscerne gli aspetti più reconditi, riviverne la storia, recuperando le tracce lasciate dal tempo, e colmarne le lacune fisiche ripristinando, anche se solo virtualmente, l'aspetto originale del manufatto.
Anche nel caso dell'oratorio della "Madonna del Piano", il restauro dell'edifìcio e delle pitture murali che si conservano all'interno hanno condotto alla riscoperta di un piccolo capolavoro la cui importanza storica, artistica e votiva stava per essere completamente dimenticata a causa dell'abbandono e dell'incuria.
L'oratorio della Madonna del Piano è un piccolo edificio (2) datato all'inizio del XVII secolo, costituito da un'unica aula e da una piccola sagrestia retrostante a cui si accede da due porte centinate poste ai lati della parete d'altare. Il nome con cui l'oratorio è conosciuto deriva da un'antica immagine rappresentante la Vergine in trono con Bambino e quattro angeli, pregevole affresco databile alla fine del Trecento dipinto al centro della parete dietro la mensa d'altare e racchiuso all'interno di una cornice centinata in pietra serena. Sopra l'immagine della Madonna anche la restante parete, in origine, si presentava completamente affrescata. Queste pitture, coeve alla costruzione della cappella, in un momento imprecisato furono in gran parte scialbate: al momento del restauro erano visibili solo un grande tendaggio sorretto da putti, posto centralmente nella parte alta della parete, e, ai lati, due figure di santi martiri. San Pietro e Santa Reparata con relative piccole scene di martirio, dipinti al di sopra delle due porte che introducono in sagrestia.
Durante le indagini conoscitive preliminari all'intervento abbiamo cercato di capire il motivo della presenza di un affresco tardo trecentesco all'interno di un edificio costruito ex novo solo all'inizio del XVII secolo. Ci siamo quindi accinti ad analizzare, anche con l'aiuto di alcuni saggi strutturali, il motivo di tale anomalia. La risposta più ovvia a questo quesito prevedeva che la Madonna fosse stata staccata a massello (3) da un edificio più antico e successivamente trasferita nel nuovo oratorio. Non si hanno notizie della presenza, in questo luogo, di una cappella precedente all'attuale ma, fin dai primi studi sull'oratorio è stata formulata l'ipotesi dell'esistenza di un tabernacolo contenente l'immagine della Madonna del Piano costruito nei pressi di un quadrivio lungo il corso del fiume Zambra: tutte indicazioni che corrispondono all'ubicazione dell'attuale oratorio. La sacra immagine, quindi, sarebbe stata trasferita dal tabernacolo all'interno del nuovo edificio.
Rimuovendo parte della pavimentazione antistante l'immagine della Madonna si è constatato che la decorazione prosegue sotto al pavimento sino a raggiungere un basamento più antico appartenente probabilmente al tabernacolo precedente la costruzione dell'oratorio
L'ipotesi dello stacco, tuttavia, non concordava con altre osservazioni. L'immagine trecentesca appariva collocata troppo in basso rispetto al piano di calpestio della chiesa, tanto che la mensa d'altare appoggiata alla parete nascondeva gran parte degli angeli musicanti ai piedi della Vergine. Rimovendo alcuni mattoni della pavimentazione antistante la Madonna si è visto che la decorazione a fìnti marmi dipinta alla base del trono proseguiva oltre il pavimento arrivando al livello di un altro basamento, più antico, appartenente probabilmente al tabernacolo precedente la costruzione dell'oratorio. In particolare abbiamo appurato che l'intonaco pittorico originale sormontava la vecchia pavimentazione, confermando così che l'affresco non era mai stato rimosso dal suo luogo di origine.
Scartata l'ipotesi dello stacco, l'unica soluzione possibile era che l'oratorio fosse stato costruito tutt'intorno all'antico tabernacolo, inglobando quest'ultimo nella sua struttura muraria. Attraverso alcuni saggi stratigrafici effettuati sul retro della parete dipinta si è appurato che il muro su cui si trova l'immagine è il supporto originale dell'affresco ed è costituito da un misto di pietra e mattone, così come tutta la struttura muraria dell'oratorio, ma la porzione di muro contenente l'immagine tardo trecentesca è delimitata lateralmente da una fila di mattoni che interrompono la continuità della muratura. Sul davanti questi mattoni dovevano costituire le fiancate di un tabernacolo. Riassumendo, si è potuto supporre con una certa sicurezza che la Madonna del Piano è stata dipinta su una struttura più antica dell'attuale oratorio, quasi sicuramente un tabernacolo fornito di fiancate e copertura a tettoia, come se ne possono vedere ancora oggi agli incroci di certe vecchie strade: questa ipotesi è suffragata anche dal buono stato di conservazione del dipinto che doveva essere stato ben protetto dalle intemperie già prima del suo inserimento nella cappella. Nel Seicento, quindi, sarebbero stati demoliti i fianchi e la tettoia del tabernacolo, costruendo il nuovo oratorio tutt'intorno alla restante struttura, che risulta quindi inglobata nella parete dell'altare. L'edificio seicentesco, inoltre, è sopraelevato di circa trenta centimetri rispetto al terreno e ciò è dovuto alla presenza, sotto all'oratorio, di un preesistente elemento strutturale a forma di arco, forse un piccolo ponte che attraversava il fiume Zambra, sopra il quale doveva essere stato costruito il tabernacolo e, di conseguenza, l'attuale cappella. Abbiamo inoltre appurato che al momento della sua costruzione l'oratorio era privo di portico in facciata e dotato di due finestre più piccole delle attuali e più vicine alla parete dell'altare. In epoca imprecisata, ma molto probabilmente nel corso del Settecento, un intervento di ristrutturazione ha modificato le finestre ad aggiunto il portico, rinnovando il portone d'entrata ed aprendo ai lati le due finestre inferriate con i relativi inginocchiatoi (4).
Particolare dell'arco sotto la pavimentazione dell'oratorio
Se le indagini strutturali ci hanno aiutato a ricostruire, in parte, la storia e le origini dell'oratorio, con il restauro degli affreschi è stato possibile riscoprire il primitivo aspetto della decorazione pittorica la quale, in un contesto di fìnte architetture, legava fra loro il tendaggio, i santi martiri e l'immagine della Madonna del Piano. Durante la rimozione dello scialbo, infatti, sono stati ritrovati nuovi piccoli frammenti pittorici, mentre laddove il colore era irrecuperabile, le tracce lasciate dalle incisioni e dalla battitura delle corde, entrambe utilizzate per il riporto del disegno sul muro, ci hanno guidato nella ricostruzione della decorazione originale.
Il risultato è stato sorprendente e ci ha fatto rimpiangere la perdita quasi totale del primitivo assetto. La parete era assimilabile alla facciata di una chiesa. Le due aperture che introducono alla sagrestia e la cornice centinata che inquadra la Madonna rappresentavano i portali, delimitati da finti marmi ed addobbati con coloratissimi festoni di frutta: al centro faceva la sua apparizione la Vergine attorniata da angeli. Al di sopra di un finto architrave che divideva in due la parete, i santi martiri erano collocati entro edicole formate da lesene sormontate da timpano curvo, sorretto a sua volta da mensole. Sul timpano era collocata la scena del martirio, incorniciata come un piccolo quadretto. Completava il tutto l'ampio panneggio centrale, tenuto aperto dagli angeli onde mostrare la sacra immagine sottostante (5).
Ricostruzione ideale della decorazione originale attraverso lo studio dei frammenti pittorici e delle tracce lasciate dalle incisioni e dalla battitura delle corde, entrambe utilizzate per il riporto del disegno sul muro
La Madonna del Piano è stata eseguita secondo la tecnica cenniniana del buon fresco. Le giornate di lavoro, stese partendo dall'alto a sinistra, non sono facilmente individuabili in quanto l'artista nella stesura della malta ha seguito in modo preciso i contorni delle figure curando le commettiture degli intonaci. Indicativamente sono state contate undici giornate di lavoro, alcune delle quali limitate alle teste delle figure.
Per il riporto del disegno è stata usata la sinopia: rimuovendo una vecchia stuccatura è stato riportato in luce parte dell'arriccio sul quale sono state individuate tracce del disegno preparatorio. Lo spolvero è stato usato per la riproduzione seriale di alcuni elementi decorativi del trono, mentre non sono state individuate tracce di incisione tramite cartone. Sono invece chiaramente visibili i segni lasciati dall'incisione diretta per indicare l'architettura del trono e quelli delle battiture di corda utilizzate per segnare i piani verticali e orizzontali della composizione.
Il manto della Madonna in azzurrite è stato steso a secco sullo strato di preparazione rossa detta morellone, mentre per il resto i pigmenti utilizzati sono risultati quelli tipici dell'affresco, ossia terre ed ossidi stemperati in acqua: principalmente ocra rossa, terra verde e polvere di carbone (6). Le aureole del Bambino e della Madonna sono in rilievo con foglia d'oro punzonata ed incisa, mentre quelle degli angeli risultano stranamente prive di lamina metallica, ma sono dipinte in giallo ad imitazione dell'oro.
Gli affreschi seicenteschi sono stati realizzati a bianco di calce o "mezzo fresco", ossia dipingendo su giornate di lavoro molto più ampie, e quindi su un intonaco in avanzata fase di asciugatura, con colori stemperati in latte di calce avente funzione di legante. Le stesure di colore risultano, quindi, più corpose e coprenti, stese con un ductus pittorico molto più veloce e sommario rispetto alla pittura tardo trecentesca. Sono state individuate circa dieci giornate di lavoro. Per il riporto del disegno il pittore ha fatto uso del cartone, anche se le tracce lasciate dall'incisione indiretta sono, tutto sommato, abbastanza sommarie.
Il grafico mostra le giornate di lavoro servite per dipingere l'immagine della Madonna del Piano
La Madonna del Piano, nonostante le vicissitudini storiche (7), si presentava in un discreto stato di conservazione. Si evidenziava tuttavia un problema di umidità di risalita, oltre ad una manifesta alterazione cromatica del film pittorico dovuta alla presenza di vecchi fissativi e di numerose ridipinture poste sull'opera in passati restauri. L'ultimo intervento documentato risale infatti al 1938 e fu condotto dal pittore sestese Ceccherini. In quel frangente l'immagine fu liberata da una incorniciatura lignea che la nascondeva quasi totalmente lasciando in vista solo le teste della Madonna e del Bambino (8).
Il degrado era maggiore nella parte bassa dell'affresco a causa dell'umidità di risalita e alla presenza di sali i quali, cristallizzando in superficie, avevano provocato il sollevamento e la decoesione del film pittorico con conseguenti ampie lacune di colore. Il degrado era stato favorito dalla presenza della mensa d'altare appoggiata alla parete e, in passato, dalla grande cornice lignea che nascondeva l'affresco e che impediva la traspirazione del muro. Questo fenomeno era già in atto all'epoca dell'ultimo restauro: i finti marmi alla base del trono, infatti, risultano ampiamente reintegrati e stuccature ancora più antiche sono state individuate nel corso dell'attuale intervento.
Particolarmente degradato risultava il manto della Vergine: il colore azzurro, posto a secco, era molto abraso e nella parte bassa, a causa dell'umidità, l'azzurrite si era modificata chimicamente trasformandosi in malachite. Una profonda lesione ad andamento verticale e già stuccata interessava la parte destra del dipinto fra la figura della Madonna e quella dell'angelo (9).
Nel corso delle indagini diagnostiche l'analisi a luce ultravioletta ha documentato con maggiore evidenza la presenza delle ridipinture. In particolare sono risultati completamente falsi la cornice dipinta che collega la scena alla cornice in pietra, le dorature ed il fondale. Quest'ultimo, in base alle tracce di colore recuperate, in origine doveva essere completamente dorato con piccoli elementi decorativi. Sulla pittura si riscontravano, infine, depositi di polvere, una bassa quantità di nero fumo e macchie di cera.
A sinistra: Particolare, prima del restauro, dell'angelo musicante posto a destra della Madonna. Rimuovendo la vecchia stuccatura e non più funzionale stuccatura che chiudeva la profonda lesione verticale del dipinto è stato possibile individuare tracce della sinopia sottostante
A destra: Particolare dell'angelo posto in piedi a sinistra della Madonna prima del restauro. La luce radente evidenzia l'aureola in rilievo, i segni delle incisioni e le connettiture delle giornate di lavoro: si veda in particolare quella della mano sinistra appoggiata al trono. Oltre naturalmente alle profonde lesioni dell'intonaco
Più compromesso era lo stato di conservazione della pittura seicentesca, soprattutto per quanto riguardava la decorazione a finte architetture su cui in origine era impostata la composizione. Mentre le figure e il tendaggio erano rimasti visibili, il fondo architettonico era stato più volte imbiancato e discialbato (10). Il danno maggiore era stato provocato dalle successive operazioni di discialbatura che avevano portato alla perdita quasi totale del colore sottostante, lasciando comunque in evidenza le tracce del disegno preparatorio (11). La parete era interessata da varie crepe e lacune, alcune delle quali di dimensioni notevoli, in passato già stuccate e dovute a movimenti strutturali. Erano presenti, inoltre, tanti piccoli fori di chiodi sparsi un po' ovunque e dovuti all'applicazione di ex voto. Altri elementi di degrado erano rappresentati da esfoliazioni con sollevamenti del colore, dovute, in parte, alla particolare tecnica pittorica a bianco di calce su un intonaco molto liscio.
Dopo l'analisi dello stato di conservazione e in base ai risultati delle indagini scientifiche, il restauro è iniziato con la pulitura dell'affresco trecentesco. Prima di tutto è stata effettuata un'operazione di messa in sicurezza dell'intonaco pittorico e delle scaglie di colore distaccate. Questa operazione ha interessato soprattutto i finti marmi del basamento ed è stata eseguita per mezzo di iniezioni di caseinato di ammonio a tergo della pellicola pittorica sollevata. Per gli intonaci abbiamo optato per delle fermature a punti di resina termoplastica. Assicurato il colore, si è proceduto con la pulitura preliminare finalizzata alla rimozione dei depositi di fumi e polveri, eseguita per tamponamento con spugne naturali imbevute di acqua deionizzata, previa interposizione di un foglio di carta giapponese.
Particolare dell'angelo musicante dopo la pulitura (a sinistra) e a restauro concluso (a destra)
Valutata la buona resistenza dei colori, la pulitura finale è stata condotta con impacchi di acqua satura di carbonato d'ammonio supportato da polpa di cellulosa. In questo modo è stato possibile rigonfiare il fissativo e le ridipinture ormai alterate, che sono state poi rimosse con batuffoli di cotone e piccole spugne naturali imbevuti di acqua satura. Il manto della Madonna in azzurrite è stato invece trattato con le resine a scambio ionico che consentono una adeguata pulitura senza intaccare il pigmento a base di rame, particolarmente sensibile all'azione del carbonato d'ammonio. I residui di cera sono stati rimossi con l'ausilio del vapore acqueo, mentre le vecchie stuccature a gesso sono state sostituite con una nuova malta a base di calce e sabbia.
Ultimata la pulitura e rilavato abbondantemente l'affresco con acqua deionizzata, è stato eseguito un trattamento coesivo e antisolfatante attraverso idrossido di bario diffuso sulla superficie tramite impacco. L'intervento si è infine concluso con la fermatura a punti in profondità degli intonaci e la stuccatura a base di grassello e sabbia delle lesioni e delle lacune presenti sul dipinto.
A sinistra: la luce radente mostra le tracce lasciate dall'incisione indiretta per il riporto del disegno di San Pietro.
A destra: particolare del degrado del basamento duvuto all'umidità in risalita
La stessa metodologia è stata utilizzata anche sulla pitture seicentesche. Prima, però, è stato necessario recuperare gli elementi decorativi e le fìnte architetture ad imitazione di una facciata ancora coperti dallo scialbo degli anni Trenta. Questa operazione è stata eseguita con impacchi di acqua per ammorbidire la tempera risalente all'ultimo restauro e, successivamente, con bisturi per rimuovere i residui delle vecchie discialbature.
Al termine delle operazioni sono state valutate le modalità per il ritocco pittorico che è stato eseguito a selezione cromatica per la reintegrazione delle piccole lacune ed ad abbassamento di tono per le abrasioni e le grandi perdite, facendo uso di colori minerali stemperati in caseinato d'ammonio. Contemporaneamente è stata portata avanti anche la ristrutturazione della cappella con il risanamento del tetto, il rifacimento e la imbiancatura degli intonaci esterni e la costruzione di uno scannafosso perimetrale alla cappella per consentire un maggiore controllo dell'umidità di risalita. Internamente il soffitto è stato tinteggiato di grigio, mentre per le pareti è stata recuperata la tinteggiatura ottocentesca individuata in seguito ad una serie di saggi stratigrafici condotti nel corso del restauro.
Note
La ripresa a ultravioletti evidenzia le ridipinture e i rifacimenti dell'immagine
- (2) - La costruzione si compone di un'unica navata rettangolare di 60 mq circa con soffitto a travi di legno e copertura in laterizio. è preceduta da un portico di 18 mq sorretto da esili colonne. In facciata, ai lati del portale, due basse finestre munite di inferriate permettevano di venerare l'immagine della Madonna dall'esterno. Sopra il portale si trova lo stemma dei Bonsi da Ruota.
- (3) - Lo stacco a massello è il più antico metodo usato per la rimozione delle pitture murali e consiste nell'asportare tutta la porzione di muro dipinta attraverso il taglio della parete. Successivamente la pittura, unitamente al suo supporto murario, viene bloccata ai lati da travi di legno fermate da staffe o catene di ferro e trasportata in altra sede.
- (4) - La successione degli interventi è stata dedotta attraverso l'analisi stratigrafica degli intonaci e delle varie tinteggiature sovrapposte nel corso dei secoli. Le finestre primitive erano di forma rettangolare e incorniciate con pietra serena.
- (5) - Alla base del tendaggio, in mezzo ai due angeli che reggono fiori, c'è una piccola porzione di intonaco priva di pittura. Con molta probabilità qui, in origine, poteva essere collocato lo stemma in pietra dei proprietari della cappella.
- (6) - I pigmenti sono stati individuati in seguito alle indagini chimico fisiche eseguite su alcuni campioni provenienti dai dipinti murali dell'Oratorio della Madonna del Piano a cura dei dottori G. Bitossi, M. Mauro e B. Salvadori del "Consorzio per lo sviluppo dei sistemi a grande interfase" presso il Dipartimento di Chimica dell'Università degli Studi di Firenze.
A sinistra: La ripresa a luce radente evidenzia A: alterazione del fissativo sulla superficie; B: macchia scura all'altezza della bocca duvuta alla presenza di piccole pennelate di bianco di piombo
A destra: Particolare durante la pulitura. Il velo, dipinto in azzurrite, è stato pulito con resine a scambio ionico mentre il bianco di piombo alterato è stato riconvertito attraverso una soluzione di acqua ossigenata in una base leggermente acida
- (7) - Dobbiamo ricordare che l'ambiente in cui si trovava in passato l'oratorio non era dei più salubri per la conservazione delle pitture a causa della vicinanza del fiume e della zona paludosa circostante. Il buono stato di conservazione degli affreschi può essere quindi imputato, oltre alla perfetta tecnica pittorica, al fatto che, trattandosi di una cappella privata, l'edifìcio doveva restare per gran parte del tempo chiuso ed essere poco frequentato. Ciò deve aver favorito il mantenimento all'interno di una temperatura costante con variazioni termiche limitate.
- (8) - A loro volta celati da un piccolo tendaggio che veniva sollevato per mezzo di una cordicella che, passando attraverso il muro entro un piccolo tubo di ceramica, veniva tirata dalla retrostante sagrestia.
- (9) - Durante l'intervento, demolendo la vecchia stuccatura sono state individuate tracce di sinopia
- (10) - In fase di restauro abbiamo trovato strati di tinteggiatura a diversi livelli stratigrafìci. Il primo intervento di imbiancatura può essere fatto risalire alla ristrutturazione settecentesca della cappella. In seguito gli affreschi sono stati nuovamente scoperti, ma questo intervento, condotto forse con mezzi non adeguati, ha impedito il completo recupero delle pitture indicendo il restauratore a imbiancarle nuovamente.
- (11) - Sul timpano dell'edicola in cui è collocato San Pietro Martire è stato trovato un pentimento dell'artista. Prima della redazione finale, infatti, il pittore aveva disegnato un timpano a spioventi.
Summary
Particolare degli angeli reggitenda prima e dopo l'operazione di pulitura.
The restoration of the oratory of the Madonna del Piano, completed in the spring of 2002, has permitted the rediscovery and reclamation of a small masterpiece whose historical, artistic and votive importarnce was on the point of being completely forgotten as a result of abandon and neglect.
Through investigations of the buildings structure carried out during the intervention, it has been possible to ascertain that the ancient image of the Madonna had been painted on an even older structure, almost certainly a tabernacle with sides and a canopy. The sides and canopy of the tabernacle appear to have been demolished in the 17th century and the new oratory constructed around the remaining structure, which was incorporated into the altar wall.
While the structural investigations have helped us to reconstruct, in part, the history and origins of the oratory, the restoration of the frescoes has revealed the original appearance of the decoration painted on the altar wall, much of which had been plastered over an unknown date. During the removal of the layer of plaster, in fact, new fragments of painting were brought to light, and where the color was irretrievable, the traces left by the incisions and the marks of the cords, both used to transfer the drawing onto the wall, guided us in the reconstruction of the original decoration which, in a setting of mock architecture, linked together the drape, the martyred saints and the image of the Madonna.
In fact the painted wall was originally something like the façade of a church. The two arched openings that lead into the sacristy and the frame around the Madonna represented the portals and were bordered by mock marbles and adorned with festoons of fruit: the Virgin made her appearance from the central one, ringed by angels. On the other side of a mock architrave that divided the wall in two, the two martyred saints were located in aedicules formed by pilaster strips and surmounted by a curved tympanum, supported in turn by corbels. The scene of each saint's martyrdom was represented in the respective tympanum. The decoration was completed by the ample drapery, held open by angels to reveal the sacred image underneath.
Over the course of the restoration, after the operations of cleaning and consolidation, the missing parts of the paintings were filled in subdued tones in order to give an idea of its original appearance and make the most of the surviving fragments by connecting them up.